A First Farewell
第一次的离别 Dì yī cì de líbié (Un primo addio),
di Wang Lina, 2018, durata 86’
Sceneggiatura: Wang Lina. Fotografia: Li Yong. Montaggio: Matthieu Laclau. Musica: Wenzi. Produttore: Qin Xiaoyu, Cai Qingzeng. Interpreti: Isa Yasan, Kalbinur Rahmati, Musa Yasan, Ugulem Sugur, Yasan Kamisu.
Il toccante debutto della regista Wang Lina racconta la storia di Isa, un bambino dello Xinjiang costretto a separarsi dai suoi cari. Un romanzo di formazione attraverso l'iniziazione all'addio premiata ai festival di Tokyo e Berlino.
Il film di debutto della regista Wang Lina ha come protagonista un ragazzino, Isa Yasan, della contea di Xayar, nella regione autonoma dello Xinjiang. Isa vuole molto bene a sua madre, rimasta sordomuta dopo aver contratto una meningite, ed è combattuto tra il desiderio di prendersi cura di lei, di andare a scuola e di lavorare nei campi. È amico di una vivacissima bambina di nome Kalbinur; giocano insieme e si occupano di un agnellino. I voti scolastici di Kalbinur nella sua lingua uigura sono buoni, ma il punteggio per il suo mandarino è pessimo e, dato che la lingua nazionale va studiata, sua madre vuole che si trasferiscano in città, dove la bambina possa frequentare una buona scuola. Il padre, però, non è d’accordo e la coppia discute molto sulla decisione da prendere. Durante quello stesso inverno, il papà di Isa decide di mandare la moglie in una casa di cura e di lasciare il villaggio con il resto della famiglia. Isa è costretto ad affrontare una separazione dopo l’altra.
Wang Lina
Nata nella regione autonoma dello Xingjiang nel 1987, Wang Lina si è laureata presso l'Università della Comunicazione della Cina di Pechino. Il suo lungometraggio di debutto A First Farewell ha vinto l'Asian Future Award al Festival di Tokyo 2018 e l'Orso di Cristallo della competizione Generation Kplus alla Berlinale 2019.
A First Farewell ( Dì yī cì de líbié, 2018).
Red Flowers and Green Leaves
红花绿叶 Hónghuā lǜyè (Fiori rossi e foglie verdi),
di Liu Miaomiao e Hu Weijie, 2019, durata 95’
Sceneggiatura: Liu Miaomiao, Shi Shuqin. Fotografia: Hu Weijie. Montaggio: Wu Zhendian. Musica: Xu Mingjian. Produttore: Gao Erdi. Interpreti: Luo Kewang, Ma Siqi.
La cronaca emozionante e realistica di un matrimonio 'combinato' nel nord ovest della Cina. Riusciranno Gubo e Asheeyen a comprendersi e amarsi?
Il film è stato girato nel nord-ovest della Cina, in un villaggio della popolazione Hui, una minoranza musulmana. Racconta il tentativo di una giovane coppia di sposi di costruirsi un futuro felice insieme. Il ventiduenne Li Guoqing, detto Gubo, che soffre di crisi epilettiche ricorrenti, è riuscito, contro ogni aspettativa, a sposare la bella Asheeyen. Ma il loro è un matrimonio combinato dalle rispettive famiglie con l’intervento di una mediatrice che ha tenuto segreta la malattia del giovane e taciuto il tragico amore vissuto in precedenza dalla ragazza. Asheeyen, profondamente segnata dalla morte improvvisa del primo fidanzato, è spaventata di fronte alla prospettiva dell’esperienza coniugale, ma acquisterà gradualmente fiducia grazie alla pazienza e alla disarmante bontà di Gubo: venuti a sapere dei rispettivi trascorsi tenuti segreti dalle famiglie, i due giovani, vivendo insieme, possono iniziare a conoscersi, comprendersi e creare un rapporto affettivo.
Liu Miaomiao
Nata nel 1962 a Guyuan, nella regione autonoma del Ningxia ed esponente della minoranza Hui, Liu Miaomiao è stata una delle prime registe cinesi a conoscere visibilità internazionale, grazie alla partecipazione in concorso alla Mostra di Venezia 1993 con Chatterbox. Entrata all'Accademia del Cinema di Pechino a soli sedici anni, ha fatto parte della cosidetta Quinta Generazione del cinema cinese, assieme a registi come Zhang Yimou e Chen Kaige. Ha co-diretto Red Flowers and Green Leaves con il direttore della fotografia Hu Weijie.
Stories of the Voyage (Yuǎnyáng yì shì, 1986), Women Soldiers in the Long March (Mǎtí shēng suì, 1987), The Boxer (Quánjí shǒu, 1988), Chatterbox (Zá zuǐzi, 1993), Family Scandal (Jiāchǒu, 1994, co-regia con Cui Xiaoqin), Family Problems (Jiāshì, 1996), The Mountain Has No Words (Dàshān wú yán, 2005), Uptown Girl and Donetown Girl (Xiǎotián jìn chéng, 2008), Red Flowers and Green Leaves (Hónghuā lǜyè, 2019, co-regia con Hu Weijie).
The Soul of Himalaya
喜马拉雅之灵 Xǐmǎlāyǎ zhī líng (Lo spirito dell’Himalaya)
di Zeng Yunhui, 2017, durata 109’
Sceneggiatura: Wang Fei, Zeng Yunhui. Fotografia: Zeng Yunhui. Musica: Ricky Ho. Produttore: Lin Yong, Shi Yuzhen, Yang Yunfei, Chen Ying. Interpreti: Phurbu Tsering, Lhak Chong, Shaijikanbin Arbo.
Dramma epico sullo sfondo dell'altopiano tibetano. Per salvare la sua tribù dall'estinzione, il guerriero Lendon s'avventura alla ricerca della Fonte della vita.
Questo dramma epico è ambientato nell’VIII secolo e ha come protagonista la tribù Bogar, di etnia Lhoba Tani che vive nelle foreste dell’altopiano tibetano. Varie calamità hanno portata la tribù sull’orlo dell’estinzione e il protagonista, il guerriero Lendon, cerca di impedirne la fine imminente trovando la Fontana della Vita. La realizzazione del film ha richiesto grande passione e tenacia nei tre anni di lavorazione, resa difficoltosa dalla permanenza in località remote e ad altitudini assai elevate. Tutti i ruoli, tranne quelli dei protagonisti, sono interpretati da autentici Lhoba che nella vita reale sono pastori, contadini o cacciatori. Il regista debuttante Zeng Yunhui ha sottolineato che la narrazione combina elementi di fantasia ed esperienze autentiche che la piccola comunità del luogo ha condiviso con lui. Il film, oltre alle splendide immagini, offre quindi un raro scorcio sulla cultura tibetana che va scomparendo di fronte all’invadenza del mondo contemporaneo.
Zeng Yunhui
Zeng Yunhui fa il suo esordio nel lungometraggio cinematografico con The Soul of Himalaya, girato in impervie location del Tibet e con esponenti dell'etnia Lhoba Tani. Zeng ha anche curato la fotografia del suo esordio, presentato in prima mondiale al Festival di Shanghai 2017.
The Soul of Himalaya (Xǐmǎlāyǎ zhī líng, 2017).
Ala Changso
阿拉姜色 Ālā jiāng sè (Bevi questo buon vino),
di Sonthar Gyal, 2018, durata 115’
Sceneggiatura: Tashi Dawa, Sonthar Gyal. Fotografia: Wang Weihua. Montaggio: Sangdak Jyab, Tsering Wangshug. Musica: Yang Yong. Produttore: Liang Zonghao, Sonthar Gyal, Du Qingchun, Liao Xi. Interpreti: Yungdrung Gyal, Nyima Sungsung, Sechok Gyal, Jinpa, Guru Tsedan, Zhang Wenqing.
Una giovane donna tibetana si scopre malata e decide di intraprendere il pellegrinaggio verso Lhasa. Un percorso iniziatico e spirituale intriso di umanità.
“Ala Changso” è un canto conviviale della tradizione tibetana per invitare a bere vino, che fa parte di un momento chiave del film. La protagonista Drolma, intraprende il lungo e faticoso pellegrinaggio buddista verso Lhasa, nonostante sia gravemente malata. Dopo la fuga delle due portatrici che la accompagnano, il marito Dorje la raggiunge per assisterla nel viaggio, con Norbu, il figlio di primo letto di Drolma, un bambino difficile cresciuto con i nonni materni. Purtroppo, la gravità del suo stato di salute non consente alla donna di raggiungere la destinazione: dopo la sua scomparsa, concluso il rito funebre, Dorje e Norbu proseguono insieme alla volta di Lhasa e il viaggio diventa un percorso iniziatico che contribuirà ad avvicinare i due. L’attenzione del regista si concentra sui protagonisti piuttosto che sull’ovvio splendore dei paesaggi, raccontando con sentimento e delicatezza una vicenda legata alla famiglia, alla spiritualità e alla morte.
Sonthar Gyal
Dopo aver studiato direzione della fotografia presso l'Accademia del Cinema di Pechino, il tibetano Sonthar Gyal ha mosso i suoi primi passi nel cinema lavorando ai film di Pema Tseden The Silent Holy Stones (2005), The Search (2009) e Old Dog (2011). Ha fatto il suo esordio nella regia con The Sun Beaten Path (2011) e ha portato i successivi River (2015), Ala Changso (2018) e Lhamo e Skalbe (2019) a importanti festival internazionali come Berlino, Shanghai e San Sebastián.
The Sun Beaten Path (Dbus lam gyi nyi ma, 2011), River (Gtsang po, 2015), Ala Changso (2018), Lhamo and Skalbe (Lha mo dang Skal bhe, 2019).
Balloon
气球 Qìqiú (Il palloncino), di Pema Tseden, 2019, durata 102’
Sceneggiatura: Pema Tseden. Fotografia: Lu Songye. Montaggio: Liao Ching-Sung, Jin Di. Musica: Peyman Yazdanian Produttore: Huang Xufeng, Jacky Pang. Interpreti: Sonam Wangmo, Jinpa, Yangshik Tso.
Attraverso le vicissitudini di una famiglia tibetana di oggi, il regista Pema Tseden mette in scena con splendide immagini e fine lirismo il conflitto tra modernità e tradizione.
La sequenza lattiginosa con cui inizia il film, vista attraverso un “palloncino”, introduce subito l’elemento citato nel titolo, all’origine di una serie di eventi per la famiglia protagonista. Darje e la moglie Drolkar, i loro tre figli maschi e il nonno vivono sull’altopiano del Tibet allevando pecore nelle praterie della provincia del Qinghai. Con sacrificio, la famiglia riesce a mantenere agli studi il figlio maggiore Jamyang. Nonostante alcune concessioni alla modernità, rispettano le tradizioni e i principi della fede buddista nella quale sono cresciuti. Per prevenire gravidanze indesiderate, la coppia fa uso di contraccettivi, forniti dal servizio sanitario per attuare la pianificazione familiare. I vivaci bambini trovano casualmente i profilattici in casa e vanno a giocare all’aperto utilizzandoli come palloncini; un episodio che suscita ilarità ma sconvolge anche l’armonia della piccola comunità. Il conflitto tra modernità e tradizioni imporrà decisioni difficili.
Pema Tseden
Regista e scrittore, Pema Tseden (in mandarino, Wanma Caidan) è nato nel 1969 nella contea di Guide nel Qinghai ed è stato il primo studente tibetano dell'Accademia del Cinema di Pechino. Il suo esordio The Silent Holy Stones fu selezionato per la competizione New Currents del Festival di Busan 2005. Con The Search partecipò in Concorso al Festival di Locarno 2009. I suoi tre film più recenti, Tharlo (2015), Jinpa (2018) e Balloon (2019) hanno partecipato alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti.
The Silent Holy Stones (Lhang 'jags kyi ma ni rdo 'bum, 2005), The Search ('Tshol, 2009), Old Dog (Khyi rgan, 2011), The Sacred Arrow (Gyang mda', 2014), Tharlo (2015), Jinpa (Lag dmar, 2018), Balloon (Dbugs lgang, 2019).
Suburban Birds
郊区的鸟 Jiāoqū de niǎo (Uccelli in periferia),
di Qiu Sheng, 2018, durata 118’
Sceneggiatura: Qiu Sheng. Fotografia: Xu Ranjun. Montaggio: Liao Ching-Sung, Jin Di. Musica: Xiaohe. Produttore: Patrick Mao Huang, Chen Jingsu, Zhang Zhaowei. Interpreti: Mason Lee, Huang Lu, Gong Zihan, Chen Yihao, Chen Zhihao, Deng Jing.
In un mosaico tra passato e presente, tra documentazione di spazi e le memorie che li abitano, la suadente rivelazione del talento dell'esordiente Qiu Sheng.
Storie parallele, ambientate a Hangzhou, nel sud della Cina, si sviluppano su piani temporali diversi. Ai giorni nostri, il giovane ingegnere Xiahao, con la sua squadra di tecnici, sta effettuando verifiche in una zona della periferia, dove è prevista la costruzione di una nuova linea della metropolitana, a seguito di cedimenti del terreno. Aggirandosi in uno scenario deserto che la popolazione è stata costretta a evacuare, capita in una scuola elementare dove trova il diario di un ragazzo, anche lui chiamato Xiahao, in cui sono descritti i momenti trascorsi anni addietro in quel quartiere, all’inizio della sua urbanizzazione. Mentre Xiahao legge il diario, gli eventi del passato del suo omonimo riemergono. Al contempo, Xiahao si rende conto che il diario potrebbe contenere inattese profezie sulla propria vita. Con tocco lieve e imperscrutabile, l'esordiente Qiu Sheng costruisce un racconto misterioso e affascinante, rivelandosi come singolare talento del nuovo cinema indipendente cinese.
Qiu Sheng
Qiu Sheng è nato a Hangzhou e ha studiato ingegneria biomedica prima di ottenere un master in Belle Arti all'Università Battista di Hong Kong. Ha realizzato il suo primo cortometraggio Winterstare nel 2014, firmandosi come Brandon Q. Il suo primo lungometraggio Suburban Birds ha vinto il premio principale del Festival FIRST di Xining e ha raccolto lusinghieri consensi al Festival di Locarno nel 2018.
Suburban Birds (Jiāoqū de niǎo, 2018).
Wisdom Tooth
日光之下 Rìguāng zhī xià (Alla luce del sole),
di Liang Ming, 2019, durata 104’
Sceneggiatura: Liang Ming. Fotografia: He Shan. Montaggio: Zhu Lin. Musica: Ding Ke. Produttore: Sean Chen, Sun Yang. Interpreti: Lyu Xingchen, Wu Xiaoliang, Wang Jiajia, Wang Weishen, Tao Hai, Chen Yongzhong.
Nel gelido inverno del nord est cinese, si consuma il dolente passaggio all'età adulta di Gu Xi e Gu Liang, sorella e fratello nel debutto alla regia dell'attore Liang Ming.
Rimasti senza famiglia, Gu Xi e suo fratello Gu Liang vivono soli in una piccola casa nella gelida provincia di Heilongjiang, nel nord-est della Cina, vicino al confine con la Corea del Nord. La vicenda si svolge negli anni Novanta, in pieno inverno. Una fuoriuscita di petrolio costringe Gu Liang ad abbandonare la sua attività di pescatore per lavorare al servizio della mafia locale, dove viene presto sedotto dai facili guadagni illeciti. La ragazza si sente abbandonata dal fratello maggiore che si è sempre preso cura di lei, ma che ha iniziato a trascurarla soprattutto da quando si è innamorato di Qingchang, figlia del boss mafioso da cui lui dipende. Gu Xi fatica ad accettare la situazione, ma si sforza di andare d'accordo con la nuova ragazza del fratello. Per non perdere il lavoro di cameriera, cerca di regolarizzare i suoi documenti, con difficoltà in quanto è la secondogenita e i genitori non ne avevano denunciato la nascita all’anagrafe a causa della legge sul figlio unico.
Liang Ming
Formatosi come attore presso l'Università della Comunicazione della Cina, Liang Ming è stato tra gli interpreti dei film di Lou Ye Spring Fever (2009) e Shadow Days (2014). Ha inoltre lavorato come assistente regista per Lou su Mystery (2012). Il suo esordio nel lungometraggio Wisdom Tooth è stato premiato ai Festival di Pingyao e di Macao nel 2019 e a quello di Hong Kong nel 2020.
Wisdom Tooth (Rìguāng zhī xià, 2019)
Back to the Wharf
风平浪静 Fēng píng làng jìng (Brezza calma e onde tranquille)
di Li Xiaofeng, 2020, durata 118’
Sceneggiatura: Yu Xin, Li Xiaofeng. Fotografia: Piao Songri. Montaggio: Zhang Qi. Musica: Wen Zi. Produttore: Dun He, Huang Bo. Interpreti: Zhang Yu, Song Jia, Wang Yanhui, Li Hongqi.
Di ritorno alla città natale per i funerali della madre, Song Hao si ritrova invischiato nei ricatti di un passato che credeva d'aver lasciato alle spalle. Un crudo noir contemporaneo a suon di jazz.
Tornato per il funerale della madre nella piovosa città natale sulle coste meridionali della Cina, Song Hao deve affrontare le conseguenze di eventi passati. Da studente, avrebbe meritato la borsa di studio che fu invece assegnata a Li Tang, figlio del vice-sindaco e suo migliore amico. Furibondo per l’ingiustizia, voleva recarsi da Li Tang ma per via del tifone in corso era entrato per errore in un’altra abitazione dove il proprietario, credendolo un ladro, l’aveva aggredito. Per difendersi, Song Hao l’aveva colpito e, convinto di averlo ucciso, era fuggito. Non si era accorto che suo padre e Li Tang avevano visto tutto. Per proteggerlo, il padre uccise l’uomo ferito, mentre l’amico tacque sull’accaduto. Al ritorno Song Hao ritrova Pan Xiaoshuang, figlia del commissario di polizia locale, da sempre invaghita di lui, che col suo carattere forte e libero diventa per lui un sostegno essenziale. Ma adesso Li Tang lo ricatta e vuole coinvolgerlo in azioni criminali.
Li Xiaofeng
Nato a Anhui nel 1978, Li Xiaofeng ha studiato cinema a Bruxelles e si è dedicato dapprima alla critica cinematografica e alla scrittura, firmando la sceneggiatura di Dada's Dance (2008) di Zhang Yuan, in cui è apparso pure come interprete. Il suo esordio Nezha ha partecipato al Concorso New Currents del Festival di Busan 2014. Il suo terzo film Back to the Wharf ha partecipato in Concorso ai Festival di Shanghai e di Macao 2020.
Nezha (Shàonǚ nǎ zhā, 2014), Ash (Zhuī·zōng, 2017), Back to the Wharf (Fēng píng làng jìng, 2020).
Legend of Deification
姜子牙 Jiāng Zǐyá, by Cheng Teng and Li Wei, 2020, running time 110'.
Screenplay: Xie Xiying. Music: Raymond Wong. Producer: Wang Jing, Gao Weihua. Starring (dubbing): Zheng Xi, Yang Ning, Tutehameng, Yan Meme, Ji Guanlin, Jiang Guangtao.
Imaginative animation conceived in 3D, telling about the mythical hero Jiang Ziya. One of the great Chinese box office triumphs of 2020.
A sequel to the hugely successful Chinese animation Ne Zha, released in 2019, Legend of Deification is an explosion of colour and imagination, realised in 3D computer animation, intended for an audience of kids and young adults. Freely based on the Ming Dynasty novel "Fēngshén yǎnyì" (lit. The Canonization of the Gods) by Xu Zhonglin, this second product of what has been called the Fengshen Cinematic Universe features Jiang Ziya, a noble Taoist hero figure who is very popular in China. In the film, Jiang Ziya is a divine warrior charged with killing the fox demon who instigated a bloody war between the three Reigns of Immortals, Humans and Fox Demons. After capturing it, Jiang Ziya sees emprisoned inside it an innocent young girl and does not want her to die as well. Guilty of falling into the demon's trap and letting it loose, Jiang Ziya is banished by the Great Master. Exiled to the world of mortals, Jiang Ziya will try to regain his divine status with the help of his friend the God Leopard.
Cheng Teng and Li Wei
Legend of Deification is the animated feature debut of Cheng Teng and Li Wei. The film was a hit at the Chinese box office and was presented in competition at the Annecy 2021 International Animation Film Festival.
Jiang Ziya: Legend of Deification (Jiāng Zǐyá, 2020).
The Final Master
师父 Shīfu (Il Maestro)
di Xu Haofeng, 2015, durata 109’
Sceneggiatura: Xu Haofeng. Fotografia: Wang Tianlin. Montaggio: He Sisi, Xu Haofeng. Musica: An Wei. Produttore: Lou Xiaoxi. Interpreti: Liao Fan, Song Jia, Jiang Wenli, King Shih-Chieh, Song Yang, Madina Memet.
Dal raffinato maestro del cinema di arti marziali Xu Haofeng, un vorticoso intrigo kung fu ambientato negli anni Trenta. Per gli amanti dell'azione e non solo!
Il film, che chiude la trilogia di Xu Haofeng sul mondo delle arti marziali, è ambientato negli anni Trenta a Tientsin, città della Cina settentrionale affacciata sul Pacifico. Chen, originario del Guangdong è l’ultimo maestro esperto in Wing Chun, arte tipica del Sud, e vorrebbe stabilirsi a Tientsin per tener fede alla promessa fatta al suo defunto maestro di diffondere il suo modello di kung fu. Secondo le regole imposte dalle potenti scuole presenti a Tientsin, che praticano il kung fu secondo gli stili del Nord, per poter insegnare Chen dovrà affrontare in combattimento otto di loro. Venuto a sapere che, per tutelare la reputazione delle arti marziali del luogo sarebbe destinato comunque ad essere allontanato dalla città indipendentemente dall’esito delle sfide, su consiglio del gran maestro Zheng, trova un allievo da istruire per rappresentarlo negli incontri, che verrebbe così espulso al posto suo.
Xu Haofeng
Xu Haofeng è nato a Pechino nel 1973. Dopo aver studiato Belle Arti, è entrato all'Accademia del Cinema di Pechino. A partire dal 2000, ha pubblicato romanzi incentrati sulle arti marziali. Ha esordito nel lungometraggio con The Sword Identity, presentato alla Mostra di Venezia nel 2011. Nel 2013 ha collaborato alla sceneggiatura di The Grandmaster di Wong Kar-wai. I suoi due film più recenti, The Final Master (2015) e The Hidden Sword (2017), sono entrambi adattamenti di suoi romanzi.
The Sword Identity (Wōkòu de zōngjī, 2011), Judge Archer (Jiàn shì liǔ bái yuán, 2012), The Final Master (Shīfu, 2015), The Hidden Sword (Dāobèi cángshēn, 2017).
The Eight Hundred
八佰 Bābǎi (800 Eroi), di Guan Hu, 2020, durata 149’
Sceneggiatura: Guan Hu, Ge Rui, Hu Kun, Huang Dongbin. Fotografia: Cao Yu. Montaggio: Tu Yiran, He Yongyi. Musica: Andrew Kawczynski. Produttore: Wang Zhonglei, Liang Jing. Interpreti: Wang Qianyuan, Zhang Yi, Jiang Wu, Huang Zhizhong, Zhang Junyi, Ou Hao.
Il kolossal bellico che ha sbancato al botteghino cinese 2020. Nel 1937, durante la guerra sino-giapponese, la missione disperata di un battaglione cinese è raccontata dal regista Guan Hu in maniera spettacolare e appassionante.
Un grandioso ed esaltante film storico d'azione, ambientato a Shanghai nel 1937, in piena guerra sino-giapponese. L’episodio narrato, intriso di patriottismo, si svolge nell’arco di quattro giorni, in uno scenario di totale distruzione: mentre le truppe cinesi travolte dal nemico si stanno ritirando, un battaglione di soldati viene inviato a difendere ad ogni costo i depositi di forniture militari vicino al fiume Suzhou. È una missione disperata, finalizzata a risollevare il morale della popolazione e a sensibilizzare le rappresentanze diplomatiche sulla sponda opposta, nella speranza di ottenere aiuti. Guan Hu, tra i più importanti registi della Sesta Generazione, ha riscosso un eccezionale successo in Cina con questo film girato con dovizia di mezzi e che ha richiesto anni di preparazione. La colonna sonora include la melodia tradizionale irlandese “Londonderry Air”, cantata nel finale, col titolo “Remembering”, da Andrea Bocelli insieme alla pop star cinese Na Ying.
Guan Hu
Nato a Pechino nel 1961, Guan Hu si è diplomato all'Accademia del Cinema di Pechino nel 1991, entrando a far parte della cosiddetta Sesta Generazione del cinema cinese. Dopo il suo esordio nel lungometraggio con Dirt (1994) ha diretto diversi film indipendenti, culminati con Cow, presentato alla Mostra di Venezia 2009. Passato a produzioni più commerciali, ha ottenuto buoni consensi di critica e pubblico con Mr. Six (2015) e ha trionfato al botteghino con The Eight Hundred (2020).
Dirt (Tóufǎ luànle, 1994), Cello in a Cab (Làngmàn jiētóu, 1996), Goodbye! Our 1948 (Zàijiàn, wǒmen de yījiǔsìbā, 1999), Eyes of a Beauty (Xīshī yǎn, 2002), Cow (Dòuniú, 2009), Design of Death (Shāshēng, 2012), The Chef, The Actor, The Scoundrel (Chúzi xìzi pǐzi, 2013), Mr. Six (Lǎo pào er, 2015), Run for Love (Bēn ài, 2016, co-regia con Gao Qunshu, Teng Hua-Tao), My People, My Country (Wǒ hé wǒ de zǔguó, 2019, co-regia con Chen Kaige, Ning Hao, Wen Muye, Xu Zheng, Xue Xiaolu, Zhang Yibai), The Eight Hundred (Bābǎi, 2020), The Sacrifice (Jīngāng chuān, 2020).